L’autunno racchiude in se qualcosa di seducente, il giardino d’autunno cambia l’atmosfera e diventa irresistibilie. All’inizio di novembre il suo fascino va aggiustato e abbellito come se fosse primavera, i colori delle foglie d’autunno sbocciano sugli alberi come i fiori di maggio. L’aria appena pizzicchina, il letto di foglie gialline sotto il giuggiolo e una colazione in giardino con la mia tazza sbeccata preferita sono una buona spinta per passare qualche ora a lavorarci: per potare, rastrellare e sistemare qualche piantina nuova nelle fioriere.

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Curare un giardino è come amare la propria casa, riuscire a viversi ciò che si ha la fortuna di possedere credo influisca sull’animo di una persona. Riuscirci è come mettere la cornice al nostro modo di essere, il segreto è concentrarsi sugli aspetti positivi del presente. L’autunno non è la mia stagione preferita ma ha dei colori irresistibili e quasi irreali. Si chiama foiage quel fenomeno spontaneo per cui alcune specie di alberi in autunno cambiano il colore delle loro foglie: giallo oro delle foglie di faggio, il bronzo delle querce e il rosso degli aceri. Il foliage è diventato un fenomeno anche commerciale intorno al quale ruotano eventi e viaggi organizzati mirati a far scoprire questo momento dell’anno.

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Gli antichi greci sostenevano che con l’equinozio d’autunno iniziava un nuovo ciclo della vita e ciò racchiudeva in sè qualcosa di magico, è un momento esatto che si verifica il 22 settembre quando c’è l’allineamento geometrico tra Sole e Terra. Era considerata la stagione del mutamento, si abbandona il calore estivo e ci si rifugia in un calore più interiore.

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Equinozio, in latino aequinoctium ovvero notte uguale: significa che il giorno ha la stessa durata della notte, succesivamente le giornate iniziano ad essere più corte delle notte. Sarà proprio la poca luce diurna che talvolta fa cambiare il nostro stato d’animo. Ippocrate sosteneva che il cambio delle stagioni influenzava lo stato d’animo. A me per esempio l’autunno ha sempre messo un pò di malinconia, mi fa venire in mente quelle tristi poesie del Pascoli o di Ungaretti che ti facevano imparare a memoria alle elementari, la peggiore era “Soldati”.

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Per presentarvi le ricette che seguiranno in questo articolo ho pensato di sfruttare il clima mite di quest’anno organizzando pranzi all’aperto, in fondo l’autunno è una stagione in cui si celebra la terra la quale, prima che si rinchiudi in se stessa per superare i duri mesi invernali, regala frutta, verdura e prodotti del sottobosco, dai campi arrivano zucche, verze e mele. I prodotti che ti mette a disposizione ti  invogliano a cucinare, a riporre sui fornelli pentole dal fondo pesante che possono borbottare a lungo sul fuoco rilasciando profumi di brasato speziato o di funghi.

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Con una mia cara amica in un giorno qualunque ci siamo incontrate per un pranzo veloce durante la pausa pranzo, un ora di confidenze e progetti davanti ad un bicchiere di vino rosso nell’aria appena fresca di una bellissima giornata d’autunno, il clima risveglia l’appetito quindi via libera a pietanze ricche e generose.

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Ho pensato ad un goloso panino al formaggio camembert, senape, rape rosse, cipolle e una bistecchina di vitello, la quale potrà anche non aggiungersi se si vuole un panino senza carne. Abbinato ad un buono vino rosso sarà divorato in pochi bocconi.

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Ho usato le rape disidratate, le ho semplicemente messe a bagno e condite, potrete comprarle fresche, tagliarle con la mandolina e lessare leggermente. La consistenza croccante della rapa lasciata quasi cruda renderà il panino più semplice e leggero. Adoro la senape, quella buona, per cui sono stata generosa.

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Per dolce ho preparato una piccola pera kaiser cotta in un infuso molto speziato, anice, cannella, chiodi di garofano, frutta candita e boccioli di rosa canina. Ho lasciato la pera abbastanza soda e l’ho farcita con una fresca ricotta montata a mano con zucchero di canna integrale, mentre il liquido di cottura l’ho ristretto a caramello. Credo che questa portata sia un esempio di come un frutto possa diventare un vero e proprio dessert.

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Si racconta che l’autunno sia legata ad una divinità celtica Mabon, dio gallese della giovinezza, della vegetazione, dei raccolti e dio della caccia. Nel neopaganesimo, Mabon  si celebra nell’equinozio d’autunno, la festività è una festa di ringraziamento per i frutti della terra e sottolinea la necessità di dividerli con gli altri per assicurarsi la benedizione del Dio e della Dea durante i mesi invernali. La natura ha ormai fatto il suo lavoro ed è giunta l’ora del meritato riposo. Le foglie ingialliscono, la terra riposa in vista della prossima semina. Gli animali si affrettano a fare provviste per affrontare l’inverno. Solitamente inizia anche la stagione della caccia e molte specie di uccelli iniziano a migrare verso zone più calde.

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Durante l’equinozio, notte e giorno sono bilanciati, e questo è proprio periodo di bilanci. Così come si fanno i conti con ciò che è stato raccolto nei campi, secondo il neopaganesimo legato a Mabon, si devono fare i conti con ciò che noi abbiamo seminato nella nostra vita e quindi raccolto fino a questo momento. Inoltre, così come la natura si chiude in se stessa, anche noi dovremmo iniziare a guardare dentro di noi.

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A tal proposito vedi caso, l’unico fiore che si può raccogliere in giardino in queto momento è l’anemone giapponese. Chiamato anche “fiore del vento” per la fragilità e la delicatezza dei suoi petali, l’Anemone è un fiore dal significato un po’ melanconico perché richiama l’abbandono, il rimpianto ma anche la speranza di recuperare un amore perduto. Il significato dell’Anemone risiede nella brevità della durata della sua fioritura, quindi recupera un significato metaforico di fuggevolezza di una cosa bella, di un momento intenso o di un’emozione positiva. La singolare bellezza del fiore viene associato al concetto di speranza fugace e di attesa, ma anche ad un amore finito troppo presto, per cui il suo simbolismo intrinseco è quasi di rassegnazione ad una fine vicina di un sentimento bellissimo ma breve.

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L’autunno ha particolarmente ispirato l’arte pittorica, in particolare la natura morta. Solitamente gli oggetti ritratti sono frutta e fiori, la natura appare immobile e silenziosa. Nel celebre quadro del Caravaggio per esempio ” Canestro di frutta” troviamo frutti autunnali quali uva, pere, mele e la simbolica mela bacata.

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Guardando i quadri di Caravaggio non può non venirci in mente l’aspetto fotografico, non poteva essere diversamente visto che egli perseguiva una pittura realista. Il dato stilistico che egli inventa è l’abolizione dello sfondo per circondare le immagini di oscurità. Ottiene così un effetto molto originale: le sue immagini sembrano sempre apparizioni dal buio. Le figure appaiono grazie a sprazzi di luce: una fiaccola, uno spiraglio di finestra aperta. In questo modo l’immagine che si coglie è solo una parte della realtà: solo quel tanto che la debole illuminazione ci consente di vedere.

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Nella pittura la messa in posa degli oggetti che compongono la natura morta, il più delle volte umili e quotidiani, è caratterizzata da notevoli valenze simboliche. Il frutto, il fiore, l’arredo ben definito, assumono un significato esclusivamente moraleggiante. Il ciclo delle stagioni, la fragilità e la caducità,  sono le tematiche che il pittore affronta tramite una descrizione minuziosa  elevando tecnicamente e qualitativamente ogni singolo componente dell’opera.

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La natura morta rende immutabile, nella immobilità della posa, un frammento di tempo e di spazio che appartengono alla quotidianità a differenza del tempo del sacro e della mitologia che appartengono al “per sempre”. Le prime nature morte della storia, che vanno dal II sec a.C. fino al II d.C., partono dalla stretta vita domestica e sono rappresentate direttamente all’interno delle case: si tratta dei doni (xenia) dipinti direttamente sulle pareti della casa rappresentavano i doni di benvenuto per gli ospiti e del pavimento non spazzato (asarotos oikos), mosaici pavimentali che illustravano i resti dei banchetti che rimanevo sul pavimento, destinati ai parenti defunti.

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Se vivi in campagna o se hai un giardino noterai il carattere casalingo di alcune specie di uccelli, i pettirossi per esempio freguentano sempre gli stessi giardini dove sanno troveranno cibo con cui sfamarsi. Noi siamo come quei pettirossi, siamo attratti dal nostro perimetro fuori casa, quindi in onore di tutto ciò che vi ho raccontato: del giardino d’autunno, di Mabon, del genere pittorico natura morta, del foliage e dei poteri della luna, ho organizzato un pranzo all’aperto condiviso con dei nostri amici, Vanessa e Andrea, che testando le mie ricette, ormai sono diventati parte integrante di questo progetto-blog.

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Credo che il pranzo della domenica, preparato in casa, sia un rito tutto italiano, è un ancoraggio alla tradizione, va mantenuto perchè rappresenta il baluardo più autentico contro l’omologazione alimentare.
In questo caso le portate sono state disposte tutte sul tavolo rendendo il pranzo più libero e conviviale. Il vino e i maglioni di lana con le sciarpe al collo ci hanno permesso di arrivare al pomeriggio, all’ora della merenda.
Abbiamo mangiato una corona di panini alla zucca e gorgonzola con formaggi e prosciutto, delle pie di carote e ricotta, delle coscette di polle al nocino e per finire in dolcezza delle pastine alle mele, sciroppo d’acero e cannella.

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Le coscette di pollo sono state cotte in un vero e proprio intruglio autunnale: cannella, arancio, cipollotti, anice stellato, zenzero, salsa soia e liquore nocino. Poichè Mabon nei paesi anglossasoni è chiamata anche Ringraziamento delle streghe possiamo considerarlo un wok con pozione magica per  ringraziare ciò che si ha nella propria vita.

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Per finire in dolcezza queste deliziose pastine alle mele e cannella tratte dal libro “Stagioni” di Donna Hay ma leggermente modificate nelle dosi. Profumano di quasi inverno, di casa e di merenda della domenica pomeriggio, noi le abbiamo mangiate accompagnate ad un liquore all’arancio.

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La luna piena che precede l’equinozio d’ autunno è chiamata harvest moon (la luna del raccolto) per la sua luminosità che fa da faro per i contadini che arano la notte. In alcuni Paesi è un’occasione di festa, in Cina per esempio si tiene un festival della Luna.
Si racconta che la luna piena influenzi molti aspetti della nostra vita, numerose attività quotidiane, come cucinare, mangiare, tagliarsi i capelli, lavorare in giardino, potare, concimare, raccogliere erbe medicinali sono soggetti ai ritmi lunari. Quando la luna è piena si trova dietro la terra: uomini, animali, piante percepiscono chiaramente una forza che corrisponde al cambiamento di direzione degli impulsi della luna da crescente a calante, c’è pienezza di energia sia fisica che emotiva. Questa fase è un momento di massima potenzialità dell’energia vitale, in giardino le erbe medicinali colte in luna piena sprigionano maggiori forze, gli alberi ora potati potrebbero morire e la concimazione è più efficace.
Verso la fine del 19° secolo la scienza di questi ritmi della natura cadde in oblio, a causa dell’affermarsi della tecnologia e della medicina moderna, che offrivano e offrono soluzioni rapide ai problemi della vita di ogni giorno, ma io se fossi in voi non farei passare inosservate le fasi lunari che regolano il ciclo delle stagioni.

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Panino al formaggio, rape rosse e senape

Una rosetta
Un cucchiaio di senape
Una fetta di formaggio camambert
Una rapa rossa tagliata con la mandolina e leggermente lessata
Una bistecchina di vitello cotta in padella

Assemblare a strati i vari ingredienti.

Pera in infuso speziato con ricotta

Una pera Kaiser di piccole dimensioni
Due cucchiai di ricotta di mucca
Un cucchiaio di zucchero di canna integrale
30 gr di infuso a scelta ma molto speziato, possibilmente mangia e bevi
Un cucchiaio di zucchero semolato

Sbucciare la pera e con l’apposito attrezzo prima togliere il torso della pera poi allargare un pò lo spazio per riuscire a inserire successivamente la ricotta.
Riporla in una casseruola alta, coprirle di acqua, aggiungere l’infuso nell’apposita bustina filtro e un cucchiaio di zucchero. Fare cuocere la pera ed estrarla dal suo liquido di cottura ancora soda. I muniti dipenderanno dalla grandezza della vostra pera. Lasciare l’infuso sul fuoco e farlo ristringere fino a che non sarà diventato sciroppo denso.
Montare la ricotta con lo zucchero ed attendere che la pera si sia raffredata. Con la siringa da pasticcere farcire le pera.
Servirla con il suo sciroppo.

Corona di pane alla zucca con cuore di gorgonzola

500 gr di farina
30 gr di lievito naturale
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di sale
2 uova
125 ml di latte
125 ml di olio di oliva extravergine
Mezzo porro (la parte bianca)
200 gr ca. di gorgonzola
400 gr di zucca violina

Tagliare la zucca in piccoli dadini e cuocerla in padella con sale e un filo di olio. Lasciare raffreddare.
Affettare il porro e cuocerlo in padella con acqua. Salare e fare raffreddare. Frullarlo con il latte e l’olio extravergine.
Tagliare il gorgonzola a tocchetti.
Preparare l’impasto di pane: sciogliere il lievito in un pò di acqua calda e iniziare ad impastare la farina con le uova, l’emulsione di latte e porro, sale, zucchero e lievito.
Quando l’impasto sarà omogeneo aggiungere la zucca. Formare dei piccoli panini inserendo al centro il pezzo di gorgonzola. Con i panini formare una corona utilizzando uno stampo la ciambella.
Lasciare lievitare almeno per due ore. Infornare a 180 gradi.

Pie di carote, verza e ricotta

Per la pasta brisee
300 gr di farina

120 gr di burro
2 cucchiai di zucchero
2 tuorli d’uovo
Sale
Per la farcia
4 carote
150 gr di ricotta saporita di pecora
Mezza verza
4 scalogni

Impastare gli ingredienti per ottenere un impasto omogeneo di pasta brisee che dovrà riposare in frigorifero per qualche ora prima di essere utilizzato.
Tagliare le carote e gli scalogni a rondelle e cuocere in padella con sale e olio extravergine.
Tagliare la verza a striscioline e cuocere allo stesso modo.
Stendere l’impasto e rivestire gli stampini mono dose, riporre prima le carote con lo scalogno, una generosa dose di ricotta e infine un ciuffetto di verza. Chiudere le pie con un coperchio di pasta brisee con tagli trasversali, cercando di formare una bella cupolina.
Cuocere in forno a 180 gradi.

Coscette di pollo al nocino

Per 6 persone
6 cosce di pollo da tagliare eventualmente in due parti
Mezzo litro di liquore nocino
180 ml di salsa soia
2 litri di acqua
100 gr di zucchero di canna
4 cipollotti
Scorza di un arancia
Un cucchiaio di anice stellato
3 stecche di cannella
2 grossi spicchi di aglio affettati
30 gr di zenzero fresco
Sale

Scottare il pollo da ambo i lati partendo dal lato con la pelle. Utilizzare un wok piuttosto capiente.
Aggiungere tutti gli ingredienti sopra indicati e lasciare cuocera per circa 45 minuti. Togliere i pezzi di polli e riporli sulla griglia del forno.
Lasciare il liquido di cottura sul fuoco per fare addensare poi filtrarlo.
Al momento di servire scaldare i l forno a 200 gradi e rosolarvi bene il pollo da ambo i lati.
Servire le coscette di pollo con la salsa di cottura in piccole ciotoline per porer bagnare a piacere la carne.

Pastine alle mele e sciroppo d’acero

6 mele frullate
1 cucchiaino di cannella
250 gr di burro
170 gr di zucchero di canna
130 ml di sciroppo d’acero
4 uova
380 gr di farina
10 gr ca. di lievito
Zucchero semolato e cannella per guarnire

Impastare le mele con tutti gli ingredienti sopra indicati, versare il composto in stampini mono dose.
Infornare a  forno caldo e cuocere a 180 gradi fino a che non li vedremo leggermente compatti in esterno. Il tempo di cottura dipenderà dalla grandezza degli stampi utilizzati.
Preparare un ciotola con lo zucchero semolato e la cannella ben mescoti. Appena le pastine saranno cotte e sarà possibile toglierle dagli stampi passarle ancora caldine nello zucchero e cannella .

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Foto dell’articolo di Simona Xella


Dozza, 30 Novembre 2016