Natale arriva tutti gli anni, che piaccia o no lui arriva puntuale come un orologio. Per essere felici bisogna farsene una ragione e accettare il periodo natalizio, quindi quando ci siamo dentro in pieno, vuoi non adorare le monetine di cioccolato nella carta d’orata, le fettine essicate di arancio, i biscottini alla cannella, le decorazioni colorate e quelle chiccissime palle di vetro con dentro l’acqua e la neve? Compro piccoli addobbi natalizi come se nevicassero, colleziono vecchie palline anni 60-70 per l’albero e quando arriva il momento di aprire i bauletti che le contengono tra la carta velina, divento impazziente come una bambina.
Poi c’è il pranzo di Natale che preparo con cura sia per quanto riguarda il cibo che nella scelta delle stoviglierie per apparecchiare la tavola.
Quest’anno ho scelto di ispirarmi ad un periodo che amo particolarmente.
Ecco a voi il mio Natale Squisitamente Swinging London.
Per parlare di questo periodo bisogna innanzitutto partire dalla ovvia affermazione che gli anni Sessanta, passati i traumi delle guerre mondiali, sono stati un periodo di imponenti rivolgimenti politici e culturali nati nella capitale britannica .
Non è stato facile scrivere questo post proprio per la vastità degli argomenti presenti in un decennio in cui si realizza una vera e propria rivoluzione sociale principalmente attraverso la musica e l’abbigliamento, generando una simbologia ancora oggi molto influente. Di questo periodo mi affascina la moda, o meglio lo stile degli anni Sessanta, che resta il simbolo ed espressione diretta, di quel nuovo mutamento. L’abito, da segno di distinzione sociale delle classi agiate, si trasformò rapidamente in un simbolo di appartenenza e in uno strumento per soddisfare il bisogno di evasione.
Nelle foto che seguono indosso, per gioco, abiti di alcune note marche di abbigliamento, collezione 2015. Direi che è chiaro che ancora oggi è proprio nella moda che si riscontra maggiormente la contaminazione dal passato. Il ciclo della moda è un continuo richiamo degli anni Sessanta. Credo che ciò accada perchè le attuali collezioni di moda, non sono più simbolicamente pregnanti come lo erano una volta, mancano di “concettualità”, forse perché attualmente quelle esigenze di modifica culturale, tanto sentite in passato, non esistono più. Oggi è facile cadere nel “troppo” e scivolare nel volgare e dovendo cercare qualcosa di autentico, si scardina un decennio che di proposte alternative e all’avanguardia ne ha prodotte davvero tante. Coco Chanel, paradossalmente, affermava che era la moda passata a tornare di moda.
La grande protagonista in assoluto è la boutique, punto vendita di antica tradizione che scopre una nuova identità.
In origine, negli anni venti, il termine francese boutique, indicava semplicemente una bottega od un laboratorio. In seguito ha cominciato ad essere utilizzato per designare un particolare negozio in cui si acquistavano abiti caratterizzati da un forte e preciso contenuto di moda. La boutique divenne sinonimo di un luogo creato apposta per i ragazzi, molto colorato, con la musica ad alto volume e con gli indumenti disposti in modo che i giovani clienti potessero prenderli e provarli tranquillamente, senza dover chiedere al personale di vendita. La relazione tra il cliente e l’addetto alle vendite subì in questi anni una profonda trasformazione dovuta sia all’eliminazione del bancone, su cui venivao mostrati i capi, che alla sostituzione dello staff tradizionale di vendita, con uno più giovane ed informale favorendo così un processo di identificazione reciproca. I commessi non indossavano più un abbigliamento riconoscibile creando così un gioco di ruolo in cui era difficile capire chi fosse il commesso e chi il clienti. Questi potevano passare piacevolmente all’interno del negozio quanto tempo volevano, in un ambiente allegro ed informale, senza essere disturbati da commessi invadenti. Non è altro che il concetto di vendita addottato ancora oggi dai mega-store o dai magazzini in franchising.
Carnaby Street, diventò la via più alla moda, che richiamava da tutta l’Inghilterra gruppi di ragazzi appartenenti ai Mods, la prima band giovanile formatasi a partire dagli anni ‘50, e che qui erano sicuri di trovare l’abbigliamento adatto a loro e sempre al passo con i tempi. Successivamente due sono le pietre miliari di questa storia: Mary Quant, che apre il suo Bazar nel 1958, e Biba di Barbara Hulanicki. Bazar era riconoscibile per il marchio, una margherita, il suo stile molto semplice e colorato contrastava nettamente con quello allora in voga. Esso si rivolgeva a un’ideale femminile esile e molto giovane, che fu perfettamente incarnato dalla magrissima modella Twiggy. Mary Quant lanciò la minigonna, capo carico di un significato che si è generato partendo da una causa, cioè il desiderio di affermare la libertà femminile, poi calze lavorate, stivali alti fin sopra il ginocchio e cappelli.
La moda degli anni Sessanta nasce per i giovani, come tratto con cui differenziarsi dagli adulti, attualmente si assiste invece ad un fenomeno inverso: scompare l’esigenza del distacco generazionale, emblema degli anni Sessanta. Gli stili passati, nel momento in cui sono riproposti, subiscono una de-contestualizzazione automatica e il mutare dei tempi libera gli stili dalla loro storicità.
Prendiamo per esempio lo stile hippy, nelle collezioni attuali si sveste del suo messaggio originale di contestazione poiché la nuova realtà non lo richiede. Gli stili odierni, dunque, diventano un mosaico di vecchio e nuovo, definendo così lo stile chiamato retrò.
Nel ’68 gli hippies setacciavano i negozi dell’usato e i mercatini delle pulci in cerca di abiti smessi che, combinati tra loro, crearono quella che poi è stata definita la moda “vintage fashion”, ma la “modizzazione” degli abiti vecchi, in quegli anni, non è intesa come moda retrò vera e propria, l’abbigliamento hippy era il simbolo di uno squarcio sociale che rinnegava ciò che era stato ufficiale fino ad allora. Oggi si assiste al fenomeno retrò con l’intenzione non tanto di riproporre vecchie congetture, ma con il semplice motivo di indossare, in un’epoca simbolicamente muta, capi fortemente impregnati di originalità.
Londra avrà un forte ascendente sul nostro paese, Italia e Inghilterra, subiscono una contaminazione reciproca, la minigonna arriva in Italia e Gucci con la “bambù bag” va in Gran Bretagna. Era il 1954 quando per la prima volta la Bamboo Bag, firmata Gucci, esordì al cinema al braccio di Ingrid Bergman, in una pellicola di Rossellini “Viaggio in Italia” e successivamente fu indossata da Vanessa Redgrave nel celebre film di Michelangelo Antonioni “Blow Up” del 1966, film cult dove la cultura inglese si incontra con la cultura italiana incarnata, in questo caso, dal regista stesso.
Non posso non considerare un altro canale importante che permette l’ingresso del passato nel nostro presente: la musica.
Fautori di una contaminazione col passato si rivelano, ancora una volta, i Beatles che rispecchiavano lo stato d’animo di tanti giovani che vedevano un’aria di rivoluzione dietro la porta con l’euforia irrazionale che questa portava con sè, ma non avevano o mezzi o il coraggio o l’emancipazione necessaria per aggregarsi con chi (gli Who ad esempio) confusamente la stava profetizzando.
Il riflesso sociale dell’ottimismo delle canzoni dei Beatles era sinonimo della gioia di vivere il benessere post bellico ma pur sempre con dei sani principi, perciò non provocarono alcuna rottura radicale con la precedente musica leggera: la loro musica era fresca ed emozionante ma non estranea né offensiva. Il motivo per cui il fenomeno beatlesiano diventa il movimento di emancipazione giovanile, è legato proprio al messaggio che essi lanciano e che rappresenterà la base di avvio per un movimento di separazione tra mondo adulto e mondo giovanile. Per l’universalità dei loro messaggi, essi fanno parte di quel bagaglio culturale che appartiene anche all’adolescente del nuovo millennio, quindi, mi sembra sensato sostenere che la contaminazione dei Beatles, a partire dalla data del loro esordio fino ad oggi, si ripete costantemente. Il mercato propone di continuo la loro immagine dalle magliette stampate al look dandy. I Fab Four rappresentano quindi un fenomeno soprattutto di costume con il caschetto, il look alla John Lennon con gli occhiali “da nonno”, che diventeranno uno stereotipo presso i campus universitari durante la contestazione del Sessantotto, e l’orientalismo.
I Beatles, prendono in prestito dall’Italia lo stile dell’alta sartoria che caratterizzerà la loro immagine almeno fino al periodo che precede la fase psichedelica. Tutta la moda maschile inglese, particolarmente lo stile dandy, richiama la sartoria italiana tanto nelle linee quanto nei tessuti: Eric Joy comproprietario del laboratorio “Blades”, si servirà dei tessuti Zegna denominati Maremma e Verde Terra (come è specificato nel numero di “Panorama” dell’ottobre 1965), per vestire la sua clientela dandy. È italiano anche un altro elemento della moda beatlesiana, lo stivaletto “Chelsea”. Pur prodotto a Londra e identificato con il nome di una tipica strada londinese, è interamente italiano perché realizzato con tecniche italiane da due calzolai italiani, Anello & Davide.
Abbiamo sognato i bei tempi che non è detto che non tornino e abbiamo organizzato lo shopping delle feste; adesso dedichiamoci al pranzo e apparecchiamo in stile anni sessanta. Ho pensato ad un pranzo con portate originali con qualche tocco anglosassone ma senza tradire la nostra tradizione. Il pranzo di Natale riuscirà bene e non vi stresserà se vi farete aiutare da chi si siederà alla vostra tavola, organizzate il lavoro culinario in modo che ciascuno possa portare qualcosa. Il segreto per un giornata perfetta è quello di non circondarsi di parenti belligeranti.
Partimo dall’antipasto, semplicissimo da fare, una volta preparate le varie parti dovrete solo assemblarle al momento di servire: salsa di pomodorini Piccadilly con crema di burrata e salmone selvaggio.
Ora prepariamoci a tagliare le cipolle bianche per fare il brodo da servire con i tortellini. Questo abbinamento suonerà per un bolognese doc come un insulto ad una pasta ripiena che deve per forza avere in abbinamento il ragù o un brodo di carne per poi mangiare il lesso. Se volete un qualcosa di più leggero provate questo contrasto di sapori: il dolce delle cipolle e il sapore deciso del ripieno del tortellino.
Non temiate le cipolle, sono vostre amiche e complici, sono una buona scusa per piangere e dovendo affettarne un chilo, piangerete molto sul tagliere. Vi daranno la possibilità di liberarvi della “zavorra” negativa senza subire domande ma si può piangere anche per colpa del troppo ridere. Vedete un pò voi di cosa avete bisogno, l’importante che arriviate tranquille al giorno di Natale. Mia nonna diceva che il segreto per non piangere sulle cipolle è non respirare.
In quanto ai tortellini il mio consiglio è di farveli fare, c’è sempre qualcuno che sarà felice di prepararli, una vicina di casa che non ha più parenti con cui condividere le feste, la suocera, la mamma o una zia. Io vi lasciarò le dosi del ripieno e della sfoglia ma non sarà facile spiegarvi come creare con un gesto veloce il tortellino. I bolognesi dicono che devono avere la grandezza di un unghia in questo modo il cucchiaio ne potrà contenere solo tre. Una cosa che dovete assolutamente fare perchè ormai che siete grandi nessuno vi sgriderà , è mangiare un tortellino crudo. Non esiste nessun bambino di Bologna e dintorni che non l’abbia fatto di nascosto.
Passiamo alla preparazione del secondo: il tacchino ripieno, una portata principale che abbiamo ereditato dagli americani e che ritroviamo in varie versioni in tutta Europa. Ve lo propongo con un classico ripieno a cui ho aggiunto pistacchi e mandorle, sarà importante la sua salsa, da preparare con il fondo di cottura al quale ho aggiunto un po’ di mascarpone, per far sì che il ripieno non sembri un polpettone.
Ho pensato ad un contorno di verdure da fare per comodità al forno, in monodose o se preferite in teglia: una millefoglie di rape rosse, mele e porri, cotta nello Sherry e nel Sidro. Potrete preparalo in anticipo e infornare per la cottura quando scaldate il tacchino.
Ho apparecchiato la tavola con vecchi servizi di famiglia dell’epoca e ho scelto come fiore Anthurium. E’ un fiore che preso da solo non mi piace, ma in questo contesto l’ho trovato azzeccato. Quando l’ho visto mi ha ricordato, per via del colore rosso lucido, la plastica con cui si rivestivano le poltroncine negli anni ’70 e la forma così lineare mi ha ricordato il periodo post dadaismo. Sulla tavola direi che ha fatto la sua bella figura.
Il tacchino ripieno mi piace servirlo in una fiamminga e sproporzionarlo a tavola. L’esibizione del piatto intero è tradizionale e il compito di tagliare e fare le parti è stato sempre compito della donna di casa mentre i commensali porgevano il piatto. In un pranzo di famiglia lo trovo un servizio intimo, un bel momento di convivialità.
Il Christmas pudding è il dolce di Natale per eccellenza anglosassone, come per noi il panettone o il pandoro. Non è un dolce diffcile da preparare, ha solo una preparazione un pò lunga in quanto necessita di una notte di riposo di tutti gli ingredienti nella birra scura.
Come sapore può ricordare il pan pepato o il certosino ma ha una consistenza morbida e soffice. Perfetto accompagnato con la panna montata.
Ho scelto questo periodo a cui ispirarmi perché credo che gli anni Sessanta, generano un’attrazione sulla generazione attuale non indifferente, innanzitutto per il fatto che rievocano un’epoca dove si è sviluppata una vivace sottocultura giovanile che, forse, manca oggi giorno. L’attualità dei simboli che ho cercato di analizzare credo non sia solo un revival. In un epoca simbolicamente muta credo che i simboli degli anni Sessanta siano ancora in grado non solo di raccontare il passaggio da una società statica verso la modernità, ma di essere i narratori dei processi di trasformazione delle società future poiché ancora carichi di significati da snodare nuovamente. I Beatles, gli hippies, le mode, Londra, i capelli lunghi, acquisiscono una carica di attualità, se pur filtrata attraverso esperienze diverse al passato, verso cui non possiamo restare indifferenti.
Il mio consiglio per passare un sereno Natale è quello di entusiasmarsi per le piccole cose, più che mai quest’anno c’è bisogno di alimentare i nostri cuori di semplicità e speranza. C’è bisogno di guardare al futuro in modo diverso, se avete delle certezze restateci ancorati, diversamente se un giorno arrivate in fondo alla strada e volete voltare dalla parte opposta rispetto alla svolta abituale, non abbiate paura e siate pronti a dare nuove chance al futuro che verrà. I problemi ci saranno sempre, per non parlare dei conti e delle tasse, ma non importa perché c’è sempre da qualche parte un piano B per essere felici, dovete solo capire qual’è.
Personalmente non amo tanto ricevere regali, l’idea per il Natale di quest’anno può essere questa: fatti regalare da chi ami un suo sogno e mettilo dentro ad un sogno tuo, portalo con te ovunque andrai e prima o poi diventerà realtà.
La condivisione è fondamentale, ricorda che a Natale la magia è nell’aria ma è come sempre solo nelle tue mani.
Se credete a ciò che volete, a quello che vi capita e a quello che intuite, lascerete piccole ed indimenticabili stelle luminose ad ogni vostro passaggio e allora sarà tutto più facile. Aspettarsi qualcosa è bello come averla, forse non la otterrai mai, ma non permettere a nessuno di toglierti la felicità di immaginare che l’avrai: questo è il Natale.
Salsa di pomodorini Piccadilly con crema di burrata e salmone selvaggio
Per 6 persone
20 pomodorini Piccadilly
Una burrata
Una confezione di salmone selvaggio
Finochietto
Tmo
Incidere i pomodori con una croce e sbollentarli in abbondante acqua con alcuni rametti di timo. Quando la buccia inizierà a staccarsi scolarli elasciarli raffreddare. Togliere la buccia, aprirli a metà e sotto il getto del rubinetto togliere i semi e l’acqua interna. Frullare la polpa con sale e olio. Ridurre con il frullatore la burrata a crema. Assemblare la portata a strati: salsa al pomodoro, burrata e salmone selvaggio; condire con finochietto, olio e pepe.
Tortellini in brodo di cipolle bianche.
Per 3 etti di tortellini (ca.)
Sfoglia:
3 uova
3 etti di farina
Ripieno:
50 gr di lombo
40 gr di filetto di tacchino
1 cucchiaino di mortadella tritata
1 uovo
70 gr di parmigiano
noce moscata
Per il brodo di cipolle bianche
100gr di burro chiarificato
1 kg di cipolle bianche
60 gr di farina
1lt di brodo di verdure
Preparare la sfoglia impastando gli ingredienti. Lasciare riposare per circa mezz’ora e tirare la sfoglia. Ricavare dalla sfoglia dei quadrati di 3 cm di lato e disponete al centro di ognuno una pallina di ripieno, poi piegate la pasta a triangolo, premete bene i bordi e quindi unite le due punte della base di ciascun triangolo, sovrapponendole poi con una leggera pressione.
Cuocere i tortellini in abbondante acqua salata. Scolarli e aggiungerli al brodo di cipolle al momento di servire.
Per il brodo: scaldare il burro in una casseruola e fare soffriggere le cipolle tagliate a rondelle sottili. Appena iniziano ad inscurirsi spargere a pioggia sulle cipolle la farina e sala. Fai cuocere fino a che non si forma una cremina scura. Aggiungi il brodo e fai bollire sino a che le cipolle non sono molli. Io le lascio sul fuoco anche per un oretta, in questo modo la cipolla perde completamente il sapore.
Passare la zuppa al colino cinese. Si otterrà un brodo denso e profumato.
Tacchino ripieno ai pistacchi con millefoglie di rape rosse e mele allo Sherry
Un tacchino
100 gr di cosce disossate di tacchino macinate
80 gr di salsiccia
40 gr di pane da ammollare nel latte
Odori a piacere
2 cucchiai di mascarpone
2 bicchieri di vino
Mezzo lt di brodo
4 rape rosse
1 porro
3 mele fuji
Sherry
Burro
Sidro
Zucchero di canna
Preparare il ripieno amalgamando il pane alla carne di tacchino macinata, alla salsiccia e ai pistacchi.
Farcire il tacchino dal foro anale, chiuderla con la corda da cucina.
Rosolare il tacchino da tutti i lati in una pirofila di ghisa abbastanza alta, aggiungere il vino, il brodo e gli odori. Cuocere a 220 gradi per circa un ora, poi abbassate il forno a 180 gradi per altri 40 minuti.
Quando il tacchino è pronto, filtrare il suo sugo e aggiungere il mascarpone e due cucchiaiate di pistacchi.
Servire il tacchino con la salsa a parte.
Per il contorno: affettare le mele e le rape rosse. Tagliare il porro e farlo rosolare con un filo d’olio. Disporre sul fondo uno strato di rape, sale, mele, zucchero e porro, spuzzare con un pò di sidro poi riiniziare da capo. Prima di infornare bagnare abbondantemente con lo Sherry.
Christmas pudding
75 grammi di farina
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
175 grammi di zucchero di tipo muscovado
3 uova
175 grammi di burro a temperatura ambiente
1/2 cucchiaino di cannella
1 cucchiaino di spezie miste
175 grammi di pangrattato insipido
25 grammi di farina di mandorle
100 grammi di uva passa
100 grammi di canditi all’arancio
100 grammi di zenzero candito
120 grammi di amarene
1/2 mela grattata
1 bottiglia di birra Guinness
Montare le uova con il burro morbido e lo zucchero. Aggiungere il pane, la farina, il bicarbonato, il lievito e la farina di mandorle. Amalgamare bene e aggiungere i canditi, le ciliegie e l’uvetta. Aggiungere la birra e lasciarla riposare con l’impasto per tutta la notte.
Il giorno seguente cuocere il dolce in questo modo: accendere il forno a 150 gradi, riempire di acqua la teglia del forno e riporvi sopra lo stampo con l’impasto del pudding. In questo modo si cuocerà a bagnomaria e dovrà stare in forno per almeno 6 ore. Aggiungere l’acqua quando evapora.
Selezione abiti a cura di :
Emporio 51 e Galleria 51, Imola.
Abito a fiori Angela Mele Milano; cappottino Rrd; cappello Marella;
gonna pie di pul Silvian Heach; maglioncino rosso I Blues;
gonna con margherita Disegual; abito rosso mattone, Nice Thing
Cappelliere e pon pon in tulle:
Appuntamento con il Decoro, Dozza
Foto:
Elisa Folli
Bibliografia:
I giovani degli anni Sessanta, Editori Laterza.
Il mutamento culturale in Italia, Napoli, Liguori Editori.
Storia e Futuro, rivista di storia e storiografia.
Genere, generazioni e consumi, Roma, Carocci Edotore
Moda Italiana, anni Cinquanta e Sassanta, Firenze, Cantini.
The Beatles, Roma, Editori Riuniti.
Musiche giovanili nel Novecento, in Sorcinelli, Varni.