Gli anni ‘50 sono considerati dalla storiografia come il periodo durante il quale il nostro paese, benché uscito sconfitto da una guerra lunga e sanguinosa, riuscì tra innumerevoli difficoltà, a diventare una delle nazioni più industrializzate dell’Occidente. Sono in particolare gli anni del cosiddetto miracolo economico; il quinquennio compreso tra il 1958 e il 1963 lascerà un segno indelebile nel tessuto sociale e culturale della nazione.
La storia della Fiat 500 risale indietro nel tempo, alla Topolino, andiamo ai primissimi anni Trenta quando Mussolini chiede al senatore Giovanni Agnelli di creare un’automobile economica che non superi il prezzo di 5.000 lire. Nel 1934 Agnelli fa così convocare il direttore tecnico di allora, l’ingegner Antonio Fessia, e gli fa una richiesta molto chiara: “Voglio un’auto piccola”, disse, “da poter vendere a sole cinquemila lire…”. Fessia convoca a sua volta Dante Giacosa con cui aveva già collaborato nella progettazione della Balilla. Il primo debutto fu esattamente 50 anni fa ed avvenne in pieno miracolo economico. Era il 1957 e la Fiat 500 rimase in produzione fino al 1975, testimone di anni cruciali per la trasformazione dell’ Italia in moderno paese industriale.
Quando dallo stabilimento Mirafiori esce il primo «cinquino» alla tv italiana iniziavano le prime puntate di Carosello, nei suoi 18 anni di vita ha davvero attraversato un’epoca.
Costava 490 mila lire (465 mila pochi mesi dopo perchè le vendite non decollavano), un prezzo piuttosto alto se paragonato a quello di poco superiore della 600. Un operaio manovale comune guadagnava 40 mila lire al mese, un impiegato di prima categoria 90 mila. Nei negozi alimentari l’80% dei clienti comprava ancora a credito e pagava a fine mese: in una famiglia di tre persone il 50-60% dello stipendio operaio se ne andava nella spesa alimentare. Il prezzo della vettura era pari a 13 stipendi di un operaio e divenne comunque la macchina più amata e desiderata degli italiani.
Tornati a casa da una gita fuori porta per raccogliere fichi, ho voluto preparare una cena legata ai ricordi di quegli anni. Ho sfogliato alcuni vecchi libri di mia mamma e ho selezionato tre ricette: la torta pasqualina, i peperoni ripieni e come dolce una crostatina di frolla profumata al Liguore Strega con crema al formaggio da mangiare con i fichi.
Nel 1950 esce il libro Il cucchiaio d’argento che diventa la bibbia della casalinga ma ancora per tradizione famigliare si utilizza l’Artusi. E’ da qui che ho tratto la ricetta dei biscottini che ci siamo portati dietro, fatti il giorno prima e riposti in un vasetto di vetro si sono conservati freschi. Sono i Gialletti, ho cambiato qualche dosaggio e alcuni ingredienti ma restano dei biscotti originali da servire in qualsiasi occasione a colazione o come dopo cena con un liquore.
La Torta Pasqualina, ricetta di tradizione regionale (Liguria) con numerose varianti , ha come alimento nutritivo l’uovo, considerato fondamentale nella dieta dell’epoca, economico e ingrediente in cucina molto versatile. In tutti i libri di cucina di quegli anni si trovava sempre il capitolo “Uovo”.
Ho modernizzato la ricetta sistemando il classico ripieno alle erbette dentro ad un cestino di pasta brisee e lasciando il rosso d’uovo leggermente crudo. L’ho accompagnato con una crema di piselli freschi cotti nell’albana.
Anche il peperone ripieno in modalità diverse ricorre un pò in tutti i ricettari così come lo zucchino farcito; quasi come un piatto unico, al suo interno potevi mettere quello che avevi a disposizione, talvolta avanzi del lesso da brodo. Io ho scelto la salsiccia, le patate con il timo e i pomodori San Marzano.
In questi anni si assiste all’abbandono, talora definitivo, dei modi e degli stili di vita preindustriali con un graduale abbandono della campagna. La vera rivoluzione degli anni ‘50 è rappresentata da un sostanziale aumento del benessere materiale, grazie all’accesso da parte di una fetta sempre più crescente della popolazione a quello stile di vita che può permettersi del tempo libero da dedicare agli svaghi. Nasce la nuova figura della casalinga, si occupa della casa ma si concede la piega dalla parrucchiera, legge riviste di moda e fa compere in negozi importanti. Uno stile di vita femminile prima di allora del tutto sconosciuta ai più. Nelle immagini pubblicitarie la figura della casalinga è rappresentata con un bel viso, il rossetto, la pettinatura perfetta e il grembiulino. Qualcuna sceglie di andare a lavorare ma non trascura la casa restando comunque il fulcro della vita domestica.
Non c’è da stupirsi pertanto se in questi anni anche la dieta degli italiani subisce una serie di cambiamenti risolutivi. Se nell’Italia agricola e preindustriale era il pane l’alimento principale della maggioranza della popolazione, nel corso degli anni ‘50 il cibo identificativo dell’intero paese diventa invece la pasta: bucatini, maccheroni, penne, spaghetti, purché sia pasta, condita con il passato di pomodoro; mia nonna mi raccontava che solo per il pranzo della domenica si faceva il ragù per le lasagne al forno.
Sicuramente un altro importante aspetto è rappresentato dall’introduzione degli elettrodomestici, che finiranno col mutare radicalmente le abitudini alimentari degli italiani. Tuttavia è ancora lontano il tempo del cibo surgelato, così solo in primavera si trovano al mercato i piselli, così come solo d’estate sono reperibili le melanzane, i peperoni e i pomodori. Inoltre, la mancanza di autostrade e di collegamenti agevoli non permette commistioni alimentari, dunque il panettone natalizio è una rarità per i meridionali; il pesto lo si può assaggiare solo in Liguria, e per mangiare una vera pizza bisogna andare a Napoli. Ragion per cui, l’alimentazione di quegli anni è totalmente basata su prodotti locali, stagionali e freschi.
Come detto poco sopra, il vero salto, insieme economico e culturale, viene favorito dall’avvento degli elettrodomestici, primo fra tutti il frigorifero, che diventa un vero e proprio feticcio per tutte le casalinghe dell’epoca; i primi, messi in commercio sono della Fiat, sono senza congelatore e di color bianco.
Nel 1958 la Citterio introduce sul mercato gli affettati in vaschette sottovuoto, inizia così il lento ma inarrestabile declino di un rituale tutto italiano: il taglio dei prosciutti davanti al cliente da parte del salumiere. Aprono i supermercati, il primo, creato dalla Supermarkets Italiani, a Milano nel 1957.
Nei supermercati è possibile trovare prodotti come il pomodoro in tubetto, che decreta il successo del marchio Mutti, e i Bucaneve Doria, biscotti a forma di fiore con la glassa di zucchero e il buco centrale. E poi il panettone Motta, i dadi da brodo, le minestre in barattolo della Cirio, le scatolette Simmenthal, i crackers all’americana, le caramelle al miele Ambrosoli e il liquore Strega, liquore che io in dispensa ho sempre, adoro il suo profumo nei dolci con la crema, mi ricorda le drogherie.
E’ arrivato il consumismo, reso possibile dal fordismo ossia la produzione in serie e automatizzata di beni di consumo, diventa la parola chiave per definire questa epoca. Dunque, l’Italia degli anni ‘50 è un paese allegro, vivo che cambia rincorrendo il benessere ma che sa fare sacrifici e sa ancora accontentarsi. L’Italia delle ragazze in bicicletta o in vespa sedute dietro lateralmente, il cinema italiano ha il neorealismo sentimentale di De Sica, c’è il fascino sensuale della Sofia Loren strizzata in corpetti di pizzo, e gli sguardi scanzonati di Gianni Morandi e di Rita Pavone. L’ Italia di quegli anni era ancora “una cosa seria”.
Biscotti Gialletti
150 gr di farina
150 gr di farina di mais precotta (quella che si usa per fare la polenta istantanea)
150 gr di burro
100 gr di ribes essicato
100 gr di zucchero
50 gr di pistacchi
3 tuorli
Una punta di cucchiaino di lievito per dolci
Mezzo bacello di vaniglia.
Scorza grattugiata di un arancio.
Impastare le farine con i tuorli, il burro morbido, lo zucchero, i semi del bacello di vaniglia e il lievito. Unire quando l’impasto è compatto, il ribes precedentemente ammollato in un liquore a piacere, la scorza d’arancio e i pistacchi. Lasciare riposare, stendere la sfoglia alta 3-4 mm e tagliare a piacere.
I pistacchi, il ribes e la scorza possono essere sostituite con altra frutta essicata, frutta secca o scorza di limone.
Torta Pasqualina
Per sei persone.
300 gr di pasta Brisèe
1 Kg di biete
300 gr di ricotta a scelta
4 cucchiai di parmigiano
6 uova
100 ml di panna
Per la crema di piselli.
300 gr di piselli freschi
1 scalogno
Un bicchiere di albana.
Stendere la sfoglia sottile e ricavare dei dischetti più grandi di un cm della grandezza dello stampo.
Tagliare a striscioline le biete e rosolarle in padella con un filo d’olio. Fare raffreddare e aggiungere la panna e il parmigiano.
Riporre il composto nei cestini e fare un buco centrale dove andrà rotto l’uovo.
Cuocere in forno a 180 gradi, sfornare quando il rosso avrà raggiunto la giusta consistenza (morbido al tatto e non liquido), se lo cuocerete troppo il tuorlo tenderà a fare un’ antipatica pellicola.
Soffriggere lo scalogno e i piselli, aggiungere acqua a coprire e salare. Lasciare cuocere i piselli e aggiungere acqua se occorre, quando saranno morbidi e il liquido quasi assorbito del tutto, aggiungere il vino e fare evaporare l’alcol. Frullare molto finemente e prima di servire aggiungere un filo di olio crudo.
Peperoni ripieni.
20 (ca.) peperoni friggitelli albanesi (andranno bene anche i classici friggitelli verdi)
Un mazzolino di timo
400 gr di salsiccia sgranata
1 patata grande
6 pomodori San Marzano
1 porro ( da utilizzarne solo 10 cm)
4 cucchiai di un buon pomodoro concentrato (oppure una buona passata)
Tagliare la patata a piccoli cubetti e lessarli in acqua salati, scolarli al dente e unire le foglioline di timo.
Saltare i peperoni, tagliati per il verso lungo, in padella fino a che non iniziano ad ammorbidirsi. Ho utilizzato i frigitelli albanesi per i loro colori, andranno bene anche i verdi. Fuori stagione posso usarsi i peperoni normali tagliati a larghe striscie e privati della buccia.Cuocere il porro tagliato a piccoli pezzetti, aggiungere acqua se occorre e terminare la loro cottura aggiungendo la salsiccia. Mescolare questo composto alla dadolata di patatine lesse condite con il timo. La quantità della patata dovrà essere un pò meno della metà della quantità della salsiccia.
Con i peperoni rivestire uno stampo monoporzione, farcire con il ripieno di salsiccia e chiudere lo stampo con uno strato di pomodoro tagliato a rondelle.
Fare una salsa con il pomodoro concentrato e l’acqua. Quando sarà pronta aggiungere un pò di olio.
Infornare i “tortini” quanto basta per scaldarlo. Al momento di servire, rovesciare lo stampo e aggiungere la salsa al pomodoro sul piatto.
Crostatina al liquore Strega con crema allo squaquerone.
Per sei persone.
Per la frolla:
150 gr di farina a scelta (per i dolci io uso la farina tipo I)
100 gr di zucchero
100 gr di burro
1 uovo
2 cucchiai di Liquore Strega
Per la crema:
1 uovo
250 gr di formaggio squaquerone setacciato
130 ml di panna
70 gr di zucchero
Fichi freschi e marmellata di fichi per servire.
Preparare la frolla impastando la farina, lo zucchero, l’uovo, il liquore e il burro morbido. Lasciare riposare per almeno due ore nel frigorifero. Stendere la sfoglia e rivestire gli stampi scelti. Forare con la forchetta la frolla e cuocere in forno per circa 10 minuti.
Montare gli albumi e tenere da parte. Montare il tuorlo con lo zucchero e la panna poi unire il formaggio fino a che il composto non risulta spumoso e chiaro, poi aggiungere mescolando delicatamente l’albume montato. Riempire le crostatine e infornare a 180 gradi fino a che la crema non si è leggermente inscurita sui bordi.
Si possono servire fredde o tiepide con la marmellata di fichi e spicchi di fichi freschi senza la buccia.
Bibliografia:
“Itinerari nella geografia contemporanea” di Mario Neve
Articolo da “Ristorazione Italiana Magazine” di Annarita Curcio
“Ecinclopedia Treccani” per quanto riguarda le nozioni sulla storia della Fiat
Dozza, 14 Settembre 2015